Lavori digitali e ampia diffusione dello smart working dovuto alla pandemia hanno acceso i riflettori sul tecnostress, che rimarrà argomento “caldo” dei prossimi mesi. Questa particolare forma di stress da lavoro correlato rientra tra le responsabilità delle aziende che sono chiamate a mantenere anche sul lavoro da remoto.
Il TecnoStress è indicato come nuova malattia professionale dal 2014 quando l’Inail, durante un congresso di medici del lavoro a Rimini, ha preso una posizione netta: il TecnoStress è una malattia professionale “non tabellata” (l’onere della prova è infatti a carico del lavoratore). Questo tipo di stress è un rischio concreto del mondo del lavoro moderno in cui tutti usano il computer, il telefono cellulare, il tablet, Internet e gestiscono flussi enormi di informazioni digitali.
Tra gli effetti mal di testa, stanchezza cronica, ansia, calo della concentrazione, patologie gastrointestinali o cardiocircolatorie, attacchi di panico, fino a sfociare nella depressione.
Essendo a tutti gli effetti riconosciuto come un rischio, il Tecnostress rientra nelle normative legate alla sicurezza sul lavoro che prevedono il dovere – lato azienda – della valutazione del rischio volta a tutelare i lavoratori.
Partiamo subito con un problema di vuoto metodologico, poiché il Decreto Legislativo 81 è uscito nel 2008 e la tecnologia “touch” era sì diffusa, ma non in modo tanto pervasivo come oggi. Negli ultimi due anni, tra l’altro, si è registrato un aumento esponenziale con la diffusione del lavoro da remoto collegato alle misure di contenimento della pandemia.
Una precisazione: per Tecnostress si intendono patologie dovute all’uso scorretto degli strumenti tecnologici, indipendentemente alla sede di lavoro, quindi sia in smartworking che in ufficio. Detto questo, la gestione dei problemi di stress da lavoro legati all’uso della tecnologia può essere effettuata all’interno di un generale processo di valutazione dei rischi.
Come anticipato, il metodo non è codificato dalla normativa, quindi, è necessario partire dai concetti che guidano la stesura di un documento sulla valutazione del rischio.
In quest’ottica, è bene individuare specifiche misure mirate all’identificazione di fattori di stress e, in seguito, adottare strumenti di verifica degli indicatori per fare emergere potenziali criticità.
Gli indicatori devono essere oggettivi e possibilmente numerici e variano da un’azienda all’altra; solo a titolo di esempio, potremmo individuare tre macroaree che hanno a che vedere con:
CONTENUTO | CONTESTO |
Ambiente | Organizzazione interna |
Adeguatezza delle attrezzature | Rapporti interpersonali |
Carico/Ritmo di lavoro | Ruoli definiti |
Orari | Opportunità di carriera |
Autonomia decisionale | |
Responsabilità sociale | |
Fonte: European Agency for Safety and Health at Work |
Come approccio alla prevenzione del tecnostress, è possibile agire su tre livelli:
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Link di approfondimento:
Valutazione del rischio stress da lavoro correlato