Affrontare la gestione delle acque reflue, o di scarico, richiede una comprensione approfondita delle normative e delle pratiche di gestione sostenibile.
Queste acque, una volta utilizzate, diventano inquinanti e non più idonee ad un utilizzo diretto, rappresentando un pericolo per la salute pubblica e l'ambiente circostante.
Proprio per questo motivo non possono essere reimmesse nell’ambiente, che non sarebbe in grado di smaltire efficacemente le sostanze inquinanti presenti, ma necessitano di adeguati interventi di depurazione.
Questi argomenti assumono ancor maggiore impatto se pensiamo che oggi è la Giornata Mondiale dell’Acqua, "oro blu" e risorsa vitale, ma limitata, che ciascuno di noi ha il dovere di utilizzare in modo più consapevole.
Le principali fonti dell’inquinamento idrico derivano, infatti, dall’attività antropica e in particolare dalle attività industriali, nell’ambito delle quali vengono spesso scaricate nei corpi superficiali sostanze chimiche di processo nocive per l’ambiente e la salute umana.
Per questo motivo la regolamentazione degli scarichi e il corretto trattamento delle acque reflue, di provenienza sia domestica che industriale, rappresentano il primo strumento di tutela ambientale dei corpi recettori (acque superficiali, suolo, sottosuolo e rete fognaria).
Classificazione delle acque reflue
A seconda della provenienza, possiamo individuare quattro tipi di acque reflue:
- Acque reflue industriali, provenienti da edifici o impianti industriali dove si svolgono attività commerciali o di produzione di beni.
- Acque reflue domestiche, provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche.
- Acque reflue urbane, composte dal miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali e/o di quelle meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche separate purché provengano da agglomerati, così come definiti dal D.lgs. 152/2006.
- Oltre a queste, si menziona una categoria, per così dire intermedia: le acque reflue “assimilabili” a quelle domestiche, specificatamente individuate nel comma 7 dell’art. 101 del D.lgs. 152/2006.
Normativa scarico acque reflue
I riferimenti normativi che regolano il trattamento delle acque reflue in Italia sono tre:
- D.Lgs. 152/1999: contiene il principio fondamentale in materia di trattamento di acque reflue, predisponendo che “tutti gli scarichi devono essere autorizzati”.
- D.Lgs. 152/2006 – Testo Unico Ambientale: in accordo ai principi espressi nel precedente decreto, fissa i valori massimi degli scarichi in funzione delle differenti tipologie di acque reflue: urbane, domestiche e industriali.
- 20 novembre 2017, 167 – Legge europea 2017: introduce regole più severe rispetto al monitoraggio delle sostanze inquinanti e nuove disposizioni sulla diffusione dei dati da parte delle autorità di controllo.
Gestione scarico acque reflue
Ricordiamo che lo scarico abusivo di acque reflue industriali, ossia lo scarico privo di autorizzazione o in violazione del sistema autorizzatorio costituisce un illecito penale, sanzionato ai sensi dell’art. 137 del D.lgs. 152/06.
L’autorizzazione allo scarico delle acque reflue è, infatti, un titolo abilitativo che consente al titolare di uno scarico di immettere le proprie acque reflue in un determinato corpo ricettore, nel rispetto delle condizioni e dei limiti imposti dalla normativa.
Viene rilasciata dall’autorità competente, che può variare a seconda della tipologia di scarico e di recettore.
Di solito, l'autorità competente è rappresentata dalla Regione o dall'Ente di bacino per gli scarichi nelle acque superficiali, dalla Provincia o dalla Città metropolitana per gli scarichi nel sistema fognario, e dal Comune per gli scarichi diretti nel terreno o nel sottosuolo.
Trattamento e riutilizzo acque reflue
Le acque reflue possono essere smaltite in diversi modi, a seconda della loro origine e delle caratteristiche del corpo ricettore. In generale, devono essere sottoposte a un trattamento di depurazione prima di essere scaricate, processo che serve per ridurre il loro carico inquinante e rispettare i valori limite stabiliti dalla normativa.
Esistono diversi metodi di trattamento delle acque reflue, tra cui:
- Trattamento primario: consiste nella rimozione di materiali grossolani e sedimenti dall’acqua (buste di plastica, rifiuti, sassi, ecc.).
- Trattamento secondario: rimuove gli inquinanti biologici dall’acqua sfruttando l’azione di batteri che si nutrono di materia organica.
- Trattamento terziario: rimuove gli inquinanti residui dall’acqua utilizzando processi avanzati come l’ozonizzazione e la filtrazione a membrana.
Le acque reflue che hanno attraversato il processo di depurazione rappresentano una risorsa da non sprecare per permettere di ridurre il rischio di scarsità idrica e siccità.
Secondo il D.M. 2 maggio 2006, si intende per riutilizzo delle acque reflue:
“Impiego di acqua reflua recuperata di determinata qualità per specifica destinazione d’uso, per mezzo di una rete di distribuzione, in parziale o totale sostituzione di acqua superficiale o sotterranea.”
Il riutilizzo delle acque reflue è consentito solo per le seguenti finalità:
- irrigazione: irrigazione di colture destinate sia alla produzione di alimenti per il consumo umano ed animale sia a fini non alimentari, nonché per l’irrigazione di aree destinate al verde o ad attività ricreative o sportive;
- destinazione civile: lavaggio delle strade nei centri urbani, alimentazione dei sistemi di riscaldamento o raffreddamento, alimentazione di reti duali di adduzione, separate da quelle delle acque potabili, con esclusione dell’utilizzazione diretta di tale acqua negli edifici a uso civile, ad eccezione degli impianti di scarico nei servizi igienici;
- destinazione industriale: come acqua antincendio, di processo, di lavaggio e per i cicli termici dei processi industriali, con l’esclusione degli usi che comportano un contatto tra le acque reflue recuperate e gli alimenti o i prodotti farmaceutici e cosmetici.
Impatto ambientale e acque reflue
Le acque reflue, se non gestite correttamente, possono causare seri danni all'ambiente e alla salute pubblica. Questo perché possono contaminare le acque sotterranee e i corsi d'acqua, introducendo sostanze tossiche come metalli pesanti e composti organici dannosi per gli ecosistemi acquatici.
Questa contaminazione può estendersi anche alla flora e alla fauna terrestre, influenzando negativamente la catena alimentare e la biodiversità. Inoltre, le acque reflue possono contenere batteri, virus e parassiti che, se non trattati, possono provocare malattie gravi se ingeriti o assorbiti dalla pelle.
Per affrontare questi problemi, esistono diverse soluzioni.
Come già accennato, l'utilizzo delle acque reflue trattate per scopi non potabili, come l'irrigazione e il lavaggio delle strade, che può ridurre sia il consumo di acqua potabile che l'impatto ambientale.
L'adozione di fonti di energia rinnovabile per alimentare questi processi può contribuire ulteriormente a ridurre le emissioni di gas serra e promuovere la sostenibilità ambientale.
Inoltre, la sensibilizzazione e l'educazione della popolazione sull'importanza della gestione corretta delle acque reflue sono fondamentali per promuovere comportamenti responsabili e ridurre l'inquinamento acquatico.
Infine, si stanno diffondendo sempre di più sistemi che consentono, negli edifici, di recuperare e filtrare le acque piovane e le acque grigie (ovvero provenienti da apparecchi idrici di bagno e cucina) per impiegarle negli scarichi dei bagni, per irrigare le aree verdi e per altri utilizzi dove non è necessaria l’acqua potabile.
In conclusione, la gestione adeguata delle acque reflue è cruciale per la tutela dell'ambiente e della salute pubblica, e richiede l'implementazione di normative adeguate e soluzioni innovative, nonché un impegno diffuso per la sensibilizzazione e l'educazione della comunità.
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