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Nuove linee guida classificazione rifiuti

 

In attuazione dell’art. 184, comma 5, del D.lgs. 152/2006, sono state approvate dal Ministero della transizione ecologica, con Decreto direttoriale n. 47 del 9 agosto 2021, le linee guida sulla classificazione dei rifiuti di cui alla Delibera del SNPA - Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente - del 18 maggio 2021.  

A seguito delle modifiche normative intervenute recentemente, si è infatti reso necessario un aggiornamento delle precedenti linee guida diffuse dal SNPA nel 2020 (linee guida n. 24/2020), rispetto alle quali è stato aggiunto un paragrafo dedicato ai rifiuti derivanti dal trattamento meccanico/meccanico-biologico dei rifiuti urbani indifferenziati.  

Come noto, il documento fornisce i criteri tecnici per la classificazione dei rifiuti ed essendo ora richiamato dall’art. 184, comma 5 del Testo Unico Ambientale, ha acquisito valore giuridico vincolante 

Le nuove linee guida per la classificazione e caratterizzazione dei rifiuti si compongono di quattro capitoli: 

  1. Introduzione normativa 
  2. Approccio metodologico per la classificazione dei rifiuti 
  3. Elenco europeo dei rifiuti ed esempi di classificazione di alcune tipologie di rifiuti 
  4. Valutazione delle singole caratteristiche di pericolo. 

Le fasi della classificazione e caratterizzazione dei rifiuti 

Come detto, il secondo capitolo delle linee guida fornisce ai produttori una metodologia generale per la classificazione dei rifiuti, suddivisa in tre fasi 

  • La prima fase consiste nel verificare se sia anzitutto applicabile la normativa sui rifiuti o se si debbano applicare altre normative specifiche. L’art. 185 del D.lgs. n. 152/2006 individua, infatti, i materiali e le sostanze escluse dal campo di applicazione della disciplina dei rifiuti. 
  • La seconda fase della procedura di classificazione consiste nell’individuazione, all’interno dell’Elenco europeo, del pertinente codice da attribuire al rifiuto. A tal proposito, occorre ricordare che l’attribuzione del codice EER si basa sull’individuazione dell’attività generatrice, per alcune tipologie di rifiuti, e sulla funzione che rivestiva il prodotto d’origine, per altre tipologie (ad esempio i rifiuti di imballaggio, qualsiasi sia la loro origine, sono, sempre inclusi nel capitolo 15 01).  

Più nel dettaglio, le prime due cifre del codice si riferiscono alla categoria industriale e/o generatrice del rifiuto, la terza e la quarta al singolo processo produttivo, mentre le ultime due cifre individuano la specifica tipologia di rifiuto generato.  

L’individuazione del codice EER conduce a una delle tre seguenti fattispecie: 

  • il rifiuto è individuato esclusivamente da un codice non pericoloso assoluto, ossia da un codice non asteriscato dell’elenco europeo di cui all’allegato della Decisione 2000/532/CE, non accompagnato da una corrispondente voce specchio pericolosa; 
  • il rifiuto è individuato esclusivamente da un codice pericoloso assoluto, ossia da un codice asteriscato (*), non accompagnato da una corrispondente voce specchio non pericoloso; 
  • il rifiuto è individuato da voci specchio, ossia da due voci tra loro correlate, di cui una pericolosa ed una non pericolosa. In questo caso esso può essere classificato come pericoloso o non pericoloso in funzione della sussistenza o meno di una o più caratteristiche di pericolo.  
  • la terza fase della procedura di classificazione consiste, appunto, nel determinare la composizione dei rifiuti identificati da voci specchio: 

 

 classificazione rifiuti

 

 

Come conoscere la composizione di un rifiuto 

 

Qualora le fasi precedenti del processo di classificazione conducano all’attribuzione di un codice a specchio, occorre procedere ad una valutazione più approfondita della natura del rifiuto per comprendere se assegnare la voce a specchio pericolosa o quella non pericolosa.  

A tal fine, le linee guida, richiamando la giurisprudenza della Corte di giustizia europea, prevedono che la determinazione della composizione del rifiuto non debba necessariamente essere acquisita tramite un’analisi di laboratorio, ma possa in alcuni casi essere desunta da altre fonti informative o dall’integrazione di entrambi gli elementi, applicando uno schema procedurale basato: 

 

  • sulla conoscenza del processo produttivo o dell’attività di origine da cui decade il rifiuto; 
  • sull’utilizzo delle informazioni contenute nei documenti di accompagnamento del prodotto divenuto rifiuto (ad esempio, schede di sicurezza); 
  • sul ricorso a banche dati sulle analisi dei rifiuti; 
  • sull’effettuazione di analisi chimico-fisiche. 

 

Nel caso in cui l’attribuzione della pericolosità sia legata alla presenza di una o più specifiche sostanze pericolose, l’individuazione della pericolosità sarà connessa alla ricerca e alla determinazione del contenuto percentuale di tale/i specifica/che sostanza/e.  

Nel caso, invece, di riferimento generico al contenuto di sostanze pericolose, la classificazione del rifiuto sarà vincolata alla ricerca e alla determinazione del contenuto di tutte le possibili sostanze pericolose che potrebbero ragionevolmente essere presenti nel rifiuto stesso. 

Le linee guida chiariscono che il termine “ragionevolmente” non può tradursi nell’obbligo per il produttore di verificare l’assenza di qualsiasi sostanza pericolosa nel rifiuto in esame bensì nella ricerca delle sostanze pericolose pertinenti al rifiuto sulla base delle informazioni già note.  

Una volta acquisite le informazioni necessarie per ricostruire quali siano le sostanze pericolose che contenute nel rifiuto, occorre valutare la sussistenza o meno di una o più caratteristiche di pericolo, connessa alla presenza di tali sostanze. Questa valutazione deve essere condotta facendo riferimento ai criteri, valori limite di concentrazione e metodi di calcolo previsti dall’allegato III alla Direttiva 2008/98/CE o utilizzando metodi di prova. 

 

Scostamenti rispetto alla Comunicazione della Commissione europea 

 

Il terzo capitolo delle linee guida SNPA fornisce la versione commentata dell’elenco europeo dei rifiuti che, come noto, è contenuto nell’Allegato D alla parte IV del D.Lgs. 152/2006 

Anche le nuove linee guida SNPA, come le precedenti, si discostano in alcuni punti dai contenuti da un altro importante documento tecnico in tema di classificazione dei rifiuti, ossia la Comunicazione della Commissione europea (2018/C 124/01), recante “Orientamenti tecnici sulla classificazione dei rifiuti”.  

La presenza di una diversa classificazione dei rifiuti (voci assolute pericolose e non pericolose, voci a specchio non pericolose e pericolose) rispetto a quella riportata dalla Comunicazione della Commissione europea è segnalata con la nota (A) nell’elenco commentato dei rifiuti. 

 

Due nuovi documenti: giudizio di classificazione e relazione tecnica 

 

Un'altra novità rilevante introdotta dalle linee guida per la classificazione e caratterizzazione dei rifiuti è la redazione, in capo al produttore dei rifiuti, di due documenti: la relazione tecnica e il giudizio di classificazione. 

Si tratta di due documenti fra loro distinti ma rispondenti alla medesima funzione, ossia quella di tracciare nel dettaglio le fasi del procedimento di classificazione sopra descritto. Più nello specifico: 

  • La relazione tecnica è il documento che il produttore dei rifiuti deve redigere al fine di attribuire il pertinente codice dell’elenco europeo, facendo propri i risultati del giudizio di classificazione. Nella relazione tecnica vanno riepilogati tutti i vari passaggi della procedura di classificazione dei rifiuti, allegando la documentazione consultata (schede di sicurezza, risultati delle caratterizzazioni attuate nell’ambito delle attività di monitoraggio del processo da cui si genera il rifiuto, report fotografici, informazioni sulle modalità adottate per il campionamento e la conservazione del campione, indicazione dei metodi analitici utilizzati, risultati delle determinazioni analitiche e/o dei test effettuati, ovvero certificati analitici, giudizio di classificazione). 

 

  • Il giudizio di classificazione deve, invece, essere redatto da un “professionista abilitato”. Le linee guida non specificano, tuttavia, il tipo di abilitazione né la categoria professionale. Il decreto descrive il giudizio di classificazione come un “documento a sé stante (rispetto alla relazione tecnica), redatto sulla base delle informazioni ricavate dal ciclo produttivo del rifiuto, dalle analisi di laboratorio e dai test effettuati. Allo scopo di dare evidenza oggettiva delle valutazioni condotte, al giudizio dovrebbero accompagnarsi il verbale di campionamento, i report/rapporti di prova dei test eseguiti, la documentazione delle analisi chimiche”. 

 

Sul piano delle responsabilità, si segnala che non sussiste alcuna sanzione diretta per l’omessa redazione di questi due documenti. Va comunque ricordato che l’errata o falsa classificazione dei rifiuti può condurre alla commissione di altri reati. Scopo dei suddetti documenti è infatti quello di orientare il produttore verso il corretto percorso di classificazione in linea con la norma.  

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Anna Mezzanato

Scritto da   Anna Mezzanato

Laureata in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Ferrara con una tesi in diritto ambientale in materia di economia circolare. Inizia il suo percorso lavorando in una multiutility operante nel settore nella gestione integrata dei rifiuti urbani. Nel 2019 inizia a collaborare con una società di consulenza in qualità di consulente legale ambientale. Nel 2020 entra a far parte di Polistudio S.p.A. occupandosi della verifica delle idoneità tecnico professionale dei fornitori per conto delle aziende clienti e verifica della conformità dei processi aziendali alla normativa in materia di sicurezza e ambiente.

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