<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=276156203311675&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

smart-working 3

Zoom fatigue, new normal, lockdown, droplet, infodemia, contact tracing: sono solo alcune delle parole dell’alfabeto pandemico a cui abbiamo nostro malgrado dovuto fare l’abitudine da ormai più di un anno a questa parte.

È possibile che, grazie ai vaccini disponibili, tra qualche mese si esca dalla fase critica della pandemia ed è sempre più comune sentir dire che approderemo a una nuova normalità, ad un nuovo contesto globale in cui molte dinamiche, anche se non tutte, saranno cambiate.

Questo periodo di transizione va sotto l’espressione di New Normal, la nuova normalità, appunto.

Arriveremo davvero a un nuovo punto “fermo” a partire dal quale ricostruire la nostra comfort zone e ricomporre il mosaico delle nostre vite e del nostro lavoro?

Se molte sono le domande, molte sono anche le possibili risposte, considerando che tutto è ancora in divenire.

Di certo, il lavoro è cambiato e il nuovo equilibrio è ibrido, così come lo è ormai l’approccio al mercato.

Nonostante ciò, possiamo avanzare qualche riflessione.

 

Smart-Working: sempre più regola e non eccezione

Lo smart-working ovvero il lavoro agile, così come definito dalla Legge n.81 del 22 maggio 2017, nella fase emergenziale legata al Coronavirus si è rapidamente evoluto da forma di welfare “per pochi”, finalizzata a conciliare vita privata e lavorativa, migliorare le performance aziendali e ridurre l’impatto ambientale, a nuovo standard di lavoro esteso a molti con l’obiettivo di ridurre al minimo i rischi e le possibilità di contagio, pur non rinunciando alla continuità del business.

La ricerca 2020 di Osservatorio Smart Working (#OSW20) ha registrato che nella fase più drammatica della pandemia, oltre 6milioni 580 mila lavoratori (+1054%) si sono dovuti reinventare smart-worker, anche se per la maggior parte dei casi si è trattato di telelavoro.

Nel 2019 gli smart-worker stimati erano solo 570 mila.

 Infografica_SmartWorking_031120_sku_4000884-copia-925x401

Immagine tratta da: https://wow-webmagazine.com/it/osw20-anche-dopo-lemergenza-smart-working-per-oltre-5-milioni-di-lavoratori

 

La pandemia ha creato quindi le condizioni per una sperimentazione su larga scala dello smart-working e i dati dimostrano che lavorare smart può far bene alle persone e migliorare la produttività.

I lavoratori, infatti, hanno avuto la possibilità di conciliare vita personale e lavorativa in un’ottica di ottimizzazione, riducendo spesso costi e tempo impiegato per dirigersi a lavoro, oltre che limitare le fonti di stress, spesso a discapito di efficienza e produttività lavorativa.

Se da una parte sarà difficile un ritorno completo all’attività in presenza e alle riunioni fisiche (ben sostituite da quelle virtuali tramite le diverse piattaforme disponibili) per altri processi la distanza ha evidenziato maggiori criticità nel rapporto che si è andato a creare fra le persone (meno motivate e più sole) e fra individuo e azienda (dipendenti meno fidelizzati e responsabilizzati).

 

Digitalizzazione dei processi e della leadership

Il ricorso a forme di smart-working ha permesso di accelerare la trasformazione digitale dei processi organizzativi nelle imprese e favorito lo spostamento verso forme di supervisione organizzativa che mettessero al centro i risultati conseguiti e non il tempo di presenza sul posto di lavoro, e che sapessero gestire tutte le implicazioni derivanti dall’isolamento spaziale degli individui.

Tra le sfide più grandi e complesse da affrontare, senza dubbio c’è quella della motivazione e gestione remota del team di lavoro.

Difatti, se il lavoro da remoto può dare un senso di libertà e permette di gestire meglio il proprio tempo, vi sono casi tuttavia in cui la distanza fisica può far sentire i collaboratori isolati rispetto al gruppo di lavoro.

Attraverso però l’affermazione un nuovo modello di leadership “agile”, che metta al centro fiducia, responsabilità e capacità di lavorare per obiettivi di squadra e individuali, lo smart-working può diventare un elemento organizzativo stabile e proficuo e non solo una misura di welfare.

 

Il ruolo dell’ergonomia cognitiva

Come nella fabbrica della prima e seconda rivoluzione industriale ci si preoccupava per fatica fisica e agenti inquinanti, oggi chi si occupa di salute e sicurezza sul lavoro, ha a che fare anche con temi come la postura, l’ergonomia e lo stress lavoro-correlato.

Lo smart-working ha portato con sé, infatti, la gestione di nuove problematiche.

In questo scenario inedito sembra che sia l’ergonomia cognitiva a fornirci una panoramica su come comprendere i nuovi fattori di rischio psico-sociali, organizzativi, o legati alle nuove modalità di lavoro e come analizzare correttamente gli effetti che gli strumenti che utilizziamo quotidianamente producono sulla nostra componente psicologica e cerebrale.

L’ergonomia cognitiva, infatti, è la disciplina che studia come la mente umana interagisce con ambienti e strumenti di lavoro e definisce i principi per una progettazione degli strumenti e delle soluzioni che rendano questa interazione efficace, efficiente, soddisfacente e sicura.

La sfida in questo caso sarà quella di educare e garantire un utilizzo attento degli strumenti organizzativi, soprattutto digitali, per volgerli al benessere psico-fisico del lavoratore senza renderli fattori di potenziale disagio o rischio.

Affrontare un tema come quello di una nuova organizzazione del lavoro che coinvolge i cambiamenti epocali che il lavoro stesso sta subendo, richiede a chi voglia comprendere e gestire questi cambiamenti, un ripensamento di scenario che tenga conto di più livelli di sviluppo con conseguenze sulle risorse umane, sull’organizzazione del lavoro, sul territorio e sull’ambiente.

 

Per approfondire l'argomento leggi anche "Nuova ISO/PAS 45005: Sicurezza sul lavoro in tempi di Covid-19".

 

A questo proposito, la linea guida ISO/PAS 45005 sulla Sicurezza sul lavoro in tempi di Covid-19 può essere considerata uno strumento di riferimento utile a definire ed organizzare al meglio i processi per una più efficace convivenza con le conseguenze di questo virus.

Scaricala ora! 

cta-iso-45005

Silvia Chillemi

Scritto da   Silvia Chillemi

Entra in Polistudio nel luglio 2020 come Communication Specialist. Si occupa dell'implementazione operativa delle attività di comunicazione esterna e di digital marketing verso clienti nuovi e a portafoglio.

ISCRIVITI AL NOSTRO BLOG