Il governo europeo lavora da tempo alla transizione verso un’economia più sostenibile. Con la pubblicazione della Direttiva CEE/CEEA/CE 14 dicembre 2022, n. 2464 sulla rendicontazione societaria di sostenibilità (Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD) sono stati introdotti obblighi di trasparenza più dettagliati circa l’impatto sociale, ambientale ed economico delle imprese. La Direttiva entra in vigore il 5 gennaio 2023 e, salvo alcune eccezioni, deve essere applicata agli esercizi aventi inizio il 1° gennaio 2024 o successivi. La CSRD modifica il Regolamento (UE) n. 537/2014, la Direttiva 2004/109/CE, la Direttiva 2006/43/CE e la Direttiva 2013/34/UE, ampliando l’ambito di applicazione dei soggetti tenuti a comunicare annualmente la Rendicontazione consolidata di sostenibilità.
La Direttiva persegue i medesimi obiettivi del Green Deal, cioè la strategia che mira a trasformare l’Unione in un’economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse, e dell’Agenda 2030.
qui abbiamo parlato degli obiettivi di Agenda 2030.
Direttiva europea sostenibilità: ampliate le imprese soggette all’obbligo di rendicontazione di sostenibilità
Il primo e più importante cambiamento apportato dalla Direttiva è l’ampliamento dei soggetti tenuti ad effettuare questa comunicazione.
Si stabilisce, infatti, che a partire dal 2024, tutte le imprese di grandi dimensioni, nonché tutte le imprese con valori mobiliari ammessi alla negoziazione in mercati regolamentati, comprese quindi le PMI, e ad eccezione delle sole microimprese, dovranno rendicontare le informazioni di sostenibilità secondo nuovi criteri e contenuti.
Sono incluse anche le società Extra-UE che sono quotate sui mercati regolamentati dell'UE e le filiali UE di società extra-UE.
Le grandi imprese sono quelle che, alla data di chiusura del bilancio, superano congiuntamente due dei seguenti tre criteri:
- attivo dello Stato patrimoniale >20 mln di euro;
- fatturato superiore a 40 mln di euro;
- numero medio di dipendenti durante l’anno finanziario >250.
Obbligo o opportunità?
Tutte le aziende possono fare la Rendicontazione consolidata di sostenibilità
Le PMI non quotate, non rientrando nel campo di applicazione della CSRD, non hanno l’obbligo di redigere il report di sostenibilità, ma potranno farlo su base volontaria.
Perché dovrebbero farlo pur non essendo obbligate?
Le PMI, che decidono volontariamente di adottare pratiche e strategie di sostenibilità, possono ugualmente divulgare e rendere trasparenti i propri risultati non finanziari. Ciò aiuta gli investitori, i consumatori, i responsabili politici e le altre parti interessate a valutare le performance dell’azienda.
In particolare, i clienti più attenti alla scelta dei fornitori sostenibili saranno orientati a optare per aziende sostenibili.
Quali sono le conseguenze dell’obbligo di rendicontazione per le imprese che fanno parte della catena di valore?
Anche le imprese che non sono obbligate alla rendicontazione di sostenibilità CSRD potrebbero subiranno possibili influenze dall’applicazione della Direttiva. Infatti, le imprese obbligate al report di sostenibilità, devono fornire anche indicatori di sostenibilità relativi alla loro catena del valore. Pertanto, alle imprese che operano come fornitori, può essere richiesto, da parte del committente obbligato, di fornire e condividere con lo stesso informazioni relative ad alcuni e specifici indicatori di sostenibilità.
Contenuto della rendicontazione di sostenibilità
Anzitutto è bene ricordare che tale report ha fra gli obiettivi quello di limitare il c.d. fenomeno del greenwashing, ossia quella forma di enfatizzazione pubblicitaria che un'azienda attua, utilizzando affermazioni esagerate o fuorvianti riguardo la sostenibilità ambientale dei propri prodotti o servizi per attirare i consumatori interessati a sostenere le pratiche ambientali. In altre parole, è una forma di pubblicità che fa apparire un'azienda o un prodotto più "green" di quanto non sia nei fatti.
Con il reporting (rendicontazione, bilancio, rapporto) sulla sostenibilità l’impresa fornisce, infatti, informazioni sulla propria strategia e politica in materia di sostenibilità.
Più nel dettaglio, nella rendicontazione andranno indicati:
- le strategie aziendali in risposta ai rischi connessi alle questioni ambientali e sociali;
- I piani futuri per la transizione ambientale;
- Il monitoraggio dei progressi dei piani di transizione ambientale;
- Chiarezza sulle tematiche ESG cioè attinenti alle tre aree Environmental (ambiente), Social (sociali) e Governance (organizzazione) con la definizione dei ruoli degli organi di amministrazione, gestione e controllo non solo del capitale economico ma anche del capitale intellettuale, umano, sociale e relazionale. C’è infatti una logica di reciprocità: da un lato le imprese sono tenute a specificare come la propria attività impatta sulla società e sull’ambiente (prospettiva inside-out), dall’altro come i fattori di sostenibilità influenzano lo sviluppo e la performance aziendali (prospettiva outside-inside).
I principi di informativa sui fattori ambientali, sociali e di governance saranno definiti da Standard di rendicontazione europei, attualmente in corso di elaborazione da parte dell’"European Financial Reporting Advisory Group" (EFRAG). I modelli saranno quindi messi a disposizione delle aziende nei prossimi mesi.
Da dove partire? Un’azienda per potersi definire sostenibile deve anzitutto essere in compliance con la normativa vigente in materia di salute, sicurezza e ambiente. È quindi fondamentale procedere ad un’attenta valutazione dei rischi sia sociali che ambientali, come base di partenza per approfondire tutti gli aspetti e gli scenari di miglioramento.
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