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Produttore Rifiuti

Al fine di comprendere pienamente la portata della responsabilità nella gestione dei rifiuti nell’ambito di un contratto di appalto, è anzitutto opportuno richiamare la nozione di “produttore rifiuti”.

 

Produttore Rifiuti: chi è a gestirli?

Per “produttore di rifiuti” deve intendersi, ai sensi dell’art. 183, comma 1, lettera f) del D.lgs. 152/2006, “il soggetto la cui attività produce rifiuti e il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione (produttore iniziale) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti (nuovo produttore)”.

Si fa presente che le sentenze della Corte di Cassazione non hanno fornito alcuna indicazione su come debba interpretarsi la generica formulazione “il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione”, in quanto i giudici di legittimità hanno continuato ad attribuire la qualifica di produttore dei rifiuti esclusivamente sulla base di un criterio materialistico, ossia con riguardo all’esercizio in concreto dell’attività da cui derivano i rifiuti, non considerando affatto il criterio della riferibilità giuridica, seppur espressamente previsto nel relativo testo di legge.

La ricostruzione della nozione di “produttore di rifiuti” ricade ovviamente sulla diversa distribuzione della responsabilità per la gestione dei rifiuti, originati nell’esecuzione di lavori in appalto, tra le due parti coinvolte, ossia il committente o appaltante e l’esecutore dell’opera (appaltatore).

Sul tema la giurisprudenza più recente è ferma e costante nel ritenere produttore di rifiuti, con tutti gli obblighi e le responsabilità connessi, soltanto colui che esegue concretamente l’attività da cui essi provengono, ovvero l’appaltatore o, nei casi di subappalto, il subappaltatore.

 

L’appaltatore è il produttore dei rifiuti?

Il giudice di legittimità ha, infatti, più volte ribadito che: “l’appaltatore, in ragione della natura del rapporto contrattuale, che lo vincola al compimento di un’opera o alla prestazione di un servizio con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio è, di regola, il produttore dei rifiuti; su di lui gravano i relativi oneri, pur potendosi verificare casi in cui, per la particolarità dell’obbligazione assunta o per la condotta del committente, concretatasi in ingerenza o controllo diretto sull’attività dell’appaltatore, detti oneri si estendono anche a tale ultimo soggetto” (Cass. Pen. Sez. III n. 11029 del 16 marzo 2015).

La Corte di Cassazione riconosce pertanto l’appaltatore quale produttore di rifiuti, essendo il soggetto che autonomamente gestisce l’esecuzione dell’opera o del servizio ma precisa che anche il committente potrebbe assumere tale qualifica solo qualora vi sia, da parte sua, una “ingerenza o controllo diretto sull’attività dell’appaltatore”, e soprattutto nel caso in cui tale ampio coinvolgimento nella gestione dei rifiuti risulti adeguatamente provato.

Ciò significa che non sempre ed automaticamente, in caso di appalto, si avranno due produttori di rifiuti: potrebbe infatti darsi il caso che l’ingerenza del committente nella gestione dei rifiuti non si sia concretizzata, ovvero che della stessa non sia fornita evidenza. Risulta quindi chiaro che in tale ultimo caso sarà l’appaltatore (e lui solo) ad essere individuato quale produttore dei rifiuti.

 

Quando si parla di ingerenza?

Ai sensi del Codice Civile è riconosciuto in capo al committente il diritto di verifica dell’esecuzione dell’opera svolta dall’appaltatore. Si configurerebbe un’ingerenza nell’ipotesi concreta in cui la mera verifica dell’esecuzione sfoci in un controllo diretto ossia nei casi in cui l’appaltatore sia, nei fatti, un mero esecutore delle disposizioni fornite dal committente, il quale, ad esempio predisponga lui stesso il progetto per la realizzazione dell’opera ovvero stipuli contratti per il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti materialmente prodotti dall’attività dell’appaltatore in luogo dell’impresa esecutrice.

 

Responsabilità del subappaltatore

Nell’ambito di un contratto d’appalto può accadere che l’appaltatore decida, a sua volta, di sub affidare parte dell’opera o del servizio oggetto del contratto ad un soggetto terzo.

Più precisamente, il subappalto è il contratto con il quale l’appaltatore, previa autorizzazione da parte del committente principale, affida a terzi l’esecuzione delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto d’appalto. In tali ipotesi, il committente non ha nessun obbligo giuridico di intervenire nella gestione dei rifiuti prodotti dalla ditta subappaltatrice, né di garantire che la stessa venga effettuata correttamente. Questa è la conclusione cui è pervenuta la Corte di Cassazione nella sentenza Cass. Pen. Sez. III, n. 1581 del 16 gennaio 2018.

 

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Conclusioni

Il ragionamento si basa, in realtà, su quanto affermato nella sentenza della Cassazione penale n. 25041 del 22 giugno 2011, nella quale si afferma che “entrambe le qualità, di committente, cui deve essere equiparata quella di appaltante nell’ipotesi del subappalto, e di direttore dei lavori, non determinano alcun obbligo di legge di intervenire nella gestione dei rifiuti prodotti dalla ditta appaltatrice o subappaltatrice ovvero di garantire che la stessa venga effettuata correttamente”.

È stato, quindi, concluso che neppure dai “principi generali che regolano i compiti del direttore dei lavori o i rapporti tra la ditta appaltante e quella appaltatrice o subappaltatrice derivano obblighi di intervenire per il rispetto da parte della ditta esecutrice dei lavori della normativa in materia di rifiuti”. Conseguentemente, “salva l’ipotesi di un diretto concorso nella commissione del reato, non può ravvisarsi alcuna responsabilità a carico di tali soggetti, ai sensi dell’art. 40, comma 2, c.p.., per non essere intervenuti al fine di impedire violazioni della normativa in materia di rifiuti da parte della ditta appaltatrice”.

Al pari del committente, quindi, anche l’appaltatore non può essere qualificato, nel contesto del contratto di subappalto, come produttore di rifiuti.

 

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Anna Mezzanato

Scritto da   Anna Mezzanato

Laureata in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Ferrara con una tesi in diritto ambientale in materia di economia circolare. Inizia il suo percorso lavorando in una multiutility operante nel settore nella gestione integrata dei rifiuti urbani. Nel 2019 inizia a collaborare con una società di consulenza in qualità di consulente legale ambientale. Nel 2020 entra a far parte di Polistudio S.p.A. occupandosi della verifica delle idoneità tecnico professionale dei fornitori per conto delle aziende clienti e verifica della conformità dei processi aziendali alla normativa in materia di sicurezza e ambiente.

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