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Stress-da-smart-working

Ansia, stress, ma anche disturbi fisici dei dipendenti in smart working. Gli ultimi due anni di accelerazione della digitalizzazione delle aziende hanno fatto emergere nuovi scenari lavorativi e contesti a cui molte strutture produttive non erano ancora pronte.

In questo articolo faremo un ritratto della situazione attuale dello stress da smart working, che troviamo descritto talvolta anche come tecnostress e rientra nella categoria dello stress da lavoro correlato, con spunti normativi e suggerimenti per lavorare da remoto senza stress e senza intoppi.

 

Sicurezza Smart Working: piaccia o non piaccia, riguarda tutti!

Che si ami o si odi, lo smart working riguarda moltissime aziende e, finita la pandemia, rimarrà molto diffuso.

In questi due anni ricerche e studi hanno analizzato dati in lungo e in largo per il territorio nazionale. La ricerca 2021 condotta dall’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano contava 5,37 milioni di lavoratori in modalità agile a marzo 2021; secondo il Rapporto della Fondazione Studi dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, erano coinvolti 7,3 milioni di italiani un mese dopo, cioè ad aprile 2021. Fatto sta, che dopo una flessione del numero assoluto attribuibile al rientro in ufficio di una parte dei dipendenti pubblici, da settembre 2021 ad oggi il numero degli smart workers non ha subito diminuzioni a testimonianza che lo scenario dei prossimi anni non vedrà un declino del lavoro agile. Anzi. Al di là delle oscillazioni, tutte le ricerche concordano nel dire che al termine della pandemia il numero di lavoratori in modalità agile non farà che aumentare e il mondo del lavoro sarà “ibrido” con giornate dedicate al lavoro in presenza e altre da casa alla ricerca di un nuovo equilibrio. In altre parole il graduale abbandono delle situazioni emergenziali non coinciderà affatto con un ritorno al 100% del lavoro in presenza.

Al netto della gestione in emergenza, tutte le aziende saranno quindi chiamate a trovare le corrette modalità per garantire non solo produttività ma anche un'efficace gestione delle risorse umane a distanza e una gestione dei rischi correlati allo stress e alla tutela dei lavoratori in ambienti di lavoro che diventano sempre più “fluidi”.

 

Gestione risorse umane e smart working

Come ogni nuovo scenario, anche lo smart working presenta pro e contro.

Dopo due anni di dati su larga scala il bilancio è positivo sul fronte dell’aumentata possibilità di conciliare i tempi di vita e di lavoro e sulla maggior produttività per le aziende ma emergono anche criticità hanno a che fare con il clima aziendale, le relazioni di lavoro, disturbi fisici e psicologici.

I problemi fisici sono spesso dovuti alla non adeguatezza delle postazioni: luce sbagliata sulla scrivania, sedia non ergonomica e scrivanie toppo piccole per trascorrere otto ore seduti, con il risultato di mal di schiena, fastidio e dolore agli occhi, mal di testa frequenti. Si tratta di evidenze emerse nel Rapporto di Fondazione Studi dell’Ordine dei Consulenti “Gli italiani e il lavoro dopo la grande emergenza” presentato in occasione del Festival del Lavoro, organizzato dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro e dalla sua Fondazione Studi in aprile 2021.

Un’ulteriore ricerca della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro “Salute e sicurezza sul lavoro nella pandemia: nuovi rischi e prospettive di evoluzione dei modelli di gestione” sottolinea come se da una parte gli infortuni sul luogo del lavoro o per raggiungerlo sono diminuiti proprio grazie al lavoro agile dall’altro quest’ultimo ha aperto nuove e vecchie problematiche sempre legate alla salute e alla sicurezza.

Lo smart working contribuisce a diminuire gli infortuni in itinere (-38,3%), perché si riducono gli spostamenti con mezzi propri, e apre a nuovi rischi per la salute dei lavoratori: 2,6 milioni di dipendenti “smart” lamentano problemi di salute legati alla postazione di lavoro mentre aumenta lo stress da lavoro correlato.

 

La definizione dello stress da smart working

Lo stress da smart working, che si inserisce nello stress da lavoro correlato, comprende i disturbi causati da nuovi scenari di lavoro come i tempi di lavoro dilatati e l’ansia da prestazione che portano al fenomeno dell'overworking (che riguarda il 49,7% dei lavoratori in modalità agile), all’indebolimento delle relazioni aziendali (49,7% degli smart worker intervistati), dalla paura di marginalizzazione (47%) e dalla disaffezione verso il lavoro (39,9%): questi sono i dati, secondo la ricerca condotta dall’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano nel 2021.

In sintesi, riepiloghiamo i pro e contro.

Benefici del lavoro agile:

  • Ambientali
    Come scenario, è stato calcolato che la possibilità di lavorare in media 2 o 3 giorni a settimana da casa porterà a significativi risparmi di tempo e risorse per gli spostamenti quantificati in 123 ore l’anno e 1.450 euro in meno per ogni lavoratore che usa l’automobile per recarsi in ufficio. In termini di sostenibilità ambientale, comporterà minori emissioni per circa 1,8 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno, pari all’anidride carbonica che potrebbero assorbire 51 milioni di alberi.

  • Economici
    I dipendenti in smart working hanno meno spese di trasporto e per pranzare fuori; le aziende risparmiano sulla gestione delle sedi produttive, ottimizzando gli spazi.

  • Inclusività 
    Con lo smart working è possibile collaborare anche a distanza agevolando i lavoratori "fuori sede" e scegliere collaboratori esclusivamente sulla base delle loro capacità e competenze senza che la prossimità dell’azienda giochi un ruolo determinante.

  • Conciliazione ritmi di vita al di fuori del lavoro (famiglia, attività del tempo libero)
    Gli smart worker possono conciliare meglio gli impegni personali, risparmiando il tempo che normalmente viene dedicato al trasferimento nella e dalla sede di lavoro, oppure possono organizzare autonomamente i propri orari produttivi se previsto dall’accordo con il datore di lavoro.

 

I nodi da sciogliere:

  • Misurazione dei carichi e dei risultati
    Le aziende dovranno individuare metodi di misurazione e di monitoraggio dei carichi di lavoro da remoto, spostando sempre più il focus sugli obiettivi.

  • Overworking 
    Circa la metà dei lavoratori lavora più ore (in media 6 ore a settimana in più) ingabbiato in uno stato di ansia di dover dimostrare la propria produttività, aumentando i disturbi legati allo stress da lavoro correlato.

  • Valorizzazione e sistemi incentivanti
    Chi lavora a distanza si sente slegato dalle logiche di premiazione della produttività pertanto tende a demotivarsi e disaffezionarsi. Per gestire le risorse e tenerle motivate bisognerà attivare nuovi metodi di partecipazione.

  • Disturbi fisici
    Non è possibile controllare le condizioni degli ambienti di lavoro e delle postazioni degli “home office” la cui inadeguatezza può provocare mal di testa, problemi oculistici, mal di schiena dovuti a cattive posture.

 

Rischi stress lavoro correlato (SLC) e responsabilità del datore di lavoro

  • ART 17 D. Lgs. 81/08
    E’ obbligo del datore di lavoro effettuare la valutazione di tutti i rischi per la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

  • ART 28 D. Lgs. 81/08
    La valutazione deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi ….., tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’Accordo Quadro Europeo dell’8 ottobre 2004”.

  • ACCORDO QUADRO EUROPEO
    (8 Ottobre 2004, recepito 9 Giugno 2008) Tutti i datori di lavoro hanno l’obbligo giuridico di tutelare la salute e la sicurezza sul lavoro dei lavoratori. Questo dovere si applica anche in presenza di problemi di stress-lavoro correlato in quanto essi incidono su un fattore di rischio lavorativo rilevante ai fini della tutela della salute e della sicurezza. Tutti i lavoratori hanno un generale dovere di rispettare le misure di protezione determinate dal datore di lavoro. La gestione dei problemi di stress da lavoro può essere effettuata all’interno di un generale processo di valutazione dei rischi, attraverso una politica sullo stress separata e/o specifiche misure mirate all’identificazione di fattori di stress.

Questo è l'impianto normativo fondamentale per quanto riguarda lo stress da lavoro correlato. La domanda è: come si applica il quadro di tutela in ambienti che non sono pensati per il lavoro? E qui entriamo nel campo delle nuove sfide per il 2022.

 

Per garantire la sicurezza dei lavoratori a distanza cosa deve applicare il datore di lavoro? 

Di base applico quanto previsto dal D.lgs 81/08: l'articolo 3, commi 9 e 10. 

Fermo restando quanto previsto dalla legge 18 dicembre 1973, n. 877, ai lavoratori a domicilio ed ai lavoratori che rientrano nel campo di applicazione del contratto collettivo dei proprietari di fabbricati trovano applicazione gli obblighi di informazione e formazione di cui agli articoli 36 e 37. Ad essi devono inoltre essere forniti i necessari dispositivi di protezione individuali in relazione alle effettive mansioni assegnate. Nell’ipotesi in cui il datore di lavoro fornisca attrezzature proprie, o per il tramite di terzi, tali attrezzature devono essere conformi alle disposizioni di cui al Titolo III. 

A tutti i lavoratori subordinati che effettuano una prestazione continuativa di lavoro a distanza, mediante collegamento informatico e telematico, compresi quelli di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 70(N), e di cui all’Accordo-Quadro Europeo sul telelavoro concluso il 16 luglio 2002, si applicano le disposizioni di cui al Titolo VII, indipendentemente dall’ambito in cui si svolge la prestazione stessa.  

Nell’ipotesi in cui il datore di lavoro fornisca attrezzature proprie, o per il tramite di terzi, tali attrezzature devono essere conformi alle disposizioni di cui al Titolo III. I lavoratori a distanza sono informati dal datore di lavoro circa le politiche aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro, in particolare in ordine alle esigenze relative ai videoterminali ed applicano correttamente le Direttive aziendali di sicurezza.  

Al fine di verificare la corretta attuazione della normativa in materia di tutela della salute e sicurezza da parte del lavoratore a distanza, il datore di lavoro, le rappresentanze dei lavoratori e le autorità competenti hanno accesso al luogo in cui viene svolto il lavoro nei limiti della normativa nazionale e dei contratti collettivi, dovendo tale accesso essere subordinato al preavviso e al consenso del lavoratore qualora la prestazione sia svolta presso il suo domicilio.  

Il lavoratore a distanza può chiedere ispezioni. Il datore di lavoro garantisce l’adozione di misure dirette a prevenire l’isolamento del lavoratore a distanza rispetto agli altri lavoratori interni all’azienda, permettendogli di incontrarsi con i colleghi e di accedere alle informazioni dell’azienda, nel rispetto di regolamenti o accordi aziendali. 

 

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Le sfide future: stress da smart working, no grazie!

Secondo tutte le proiezioni, il contesto lavorativo futuro manterrà l’alternanza delle attività in presenza e a distanza, mettendo le aziende di fronte a nuove sfide in termini di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.

In questo quadro sarà strategico mantenere un approccio teso alla diffusione della cultura della sicurezza e della salute perché l’effettiva attuazione delle misure di prevenzione è in capo al dipendente stesso. Mentre sarà necessario capire qual è il confine della responsabilità del datore di lavoro, al lavoratore verrà chiesto un grado di responsabilizzazione maggiore proprio a sua stessa tutela. Nell’organizzazione del proprio home office il lavoratore dovrà prevedere un’adeguata illuminazione, essere certo che l’impianto elettrico sia a norma per prevenire incendi o infortuni (sicurezza elettrica) e che la postazione sia ergonomica per evitare l’insorgere di disturbi o malattie.

Al di là delle indicazioni di legge, un ulteriore interrogativo a cui si dovrà dare risposta sarà la sicurezza del lavoro a distanza da luoghi e contesti diversi dall’abituale come una località di villeggiatura, la casa di amici, eccetera.

Le prime azioni da fare saranno piani e strategie di comunicazione interna e la creazione di protocolli univoci, uguali per tutti e coerenti con lo svolgimento delle attività.

Il metodo corretto, per le aziende, sarà misurare, valutare e gestire i rischi sui luoghi di lavoro. Da dove partire? Te lo spieghiamo step by step nella guida.

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Silvia Chillemi

Scritto da   Silvia Chillemi

Entra in Polistudio nel luglio 2020 come Communication Specialist. Si occupa dell'implementazione operativa delle attività di comunicazione esterna e di digital marketing verso clienti nuovi e a portafoglio.

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