La Relazione Inail 2021 è stata presentata recentemente a Roma. Come ogni appuntamento annuale, anche questo momento di approfondimento ha fornito l’occasione per fare il punto sui dati, sugli investimenti e sulla strada che c’è ancora da compiere per assicurare alle aziende e ai lavoratori crescita e sviluppo nel giusto modo da parte dell’Istituto, della Politica, delle Aziende, delle Persone.
Durante la presentazione, avvenuta a Palazzo Montecitorio, è stato posto l’accento su diverse questioni, tra cui l’accelerazione delle trasformazioni economiche e sociali che si riflettono anche sui luoghi e i modi di lavorare.
Relazione Inail 2021: i dati
I dati sull’andamento infortunistico e tecnopatico (ovvero relativo alle malattie professionali) sono stati pubblicati sul sito dell’Inail e largamente diffusi dalla stampa nazionale, citiamo solo alcuni valori tra i più significativi:
- Al netto dei contagi da Covid-19 di origine professionale, gli infortuni “tradizionali” denunciati sono aumentati del 20% e i casi mortali di quasi il 10%
- Nel 2021 sono stati denunciati all’Inail poco più di 564mila infortuni sul lavoro, in calo dell’1,4% rispetto all’anno precedente (diminuzione dovuta esclusivamente alla contrazione dei contagi professionali da Covid-19). Le denunce di infortunio “tradizionale”, al netto dei casi da Covid-19, nel 2021 hanno invece registrato un aumento di circa il 20% rispetto al 2020.
- Le denunce di infortuni mortali “tradizionali” e cioè slegati dal contesto Covid sono aumentate di quasi il 10% rispetto al 2020, sia nella componente “in occasione di lavoro” che in quella “in itinere”. Gli infortuni mortali accertati sul lavoro sono 685, di cui 298, pari al 43,5% del totale, avvenuti “fuori dell’azienda” (57 casi sono ancora in istruttoria).
Per quanto riguarda le tecnopatie, cioè le denunce per malattie professionali, le patologie lavoro-correlate denunciate all’Istituto sono state poco più di 55mila, in crescita del 22,8% rispetto al 2020.
Tutti gli altri dati si possono trovare nell’articolo completo.
Lo Status quo indica che il mondo del lavoro è ancora profondamente minacciato dai rischi, soprattutto in una realtà in cui le normative e i regolamenti faticano a inseguire il dinamismo della vita quotidiana.
Vecchi e Nuovi rischi
Il mondo lavoro 2021-2022 non solo è atipico per il fatto di collocarsi in un periodo di transizione, con il colpo di coda finale della pandemia, ma anche per altre ragioni tra le quali:
- Rapida crescita di settori incentivati dal PNRR
Trasformazione ecologica, Superbonus 110 e altre misure incentivanti hanno dato una forte spinta al settore dei cantieri: le aziende che operano nell’ambito edilizio si sono moltiplicate, l’Italia ha visto nascere rapidamente piccole e microimprese. Il cantiere, perciò, è un contesto dove occorre investire molto in fatto di prevenzione alla sicurezza dei lavoratori, anche perché i rischi sono elevati. - Trasformazioni ambientali – Climate Change
Ci sono molti profili professionali impegnati in attività di lavoro all’aperto e gli eventi climatici non vanno più sottovalutati: l’impatto sulla salute dei lavoratori va misurato soprattutto nella stagione estiva dove in tutta Italia o quasi si raggiungono temperature elevatissime. Quest’anno, da giugno ad oggi, i lavoratori sono stati esposti a temperature altissime per lunghi periodi di tempo e gli scenari climatici indicano che potrebbe succedere più frequentemente in futuro aumentando il rischio di patologie da calore.
- Trasformazioni tecnologiche – Transizione digitale
Nell’industria troviamo l’IoT e la robotica collaborativa che comportano un ripensamento delle interazioni tra operatori e tecnologia e la revisione delle norme per la sicurezza.
La trasformazione digitale, accelerata negli ultimi due anni dalla pandemia che ha inoltre imposto la riorganizzazione dei luoghi e dei processi di lavoro degli uffici, ha aperto il tema degli ambienti virtuali e dei rischi collegati ad attacchi ed errori informatici. Fare prevenzione infortuni sul lavoro significa anche monitorare maggiormente il rischio tecnostress.
Puoi approfondire gli argomenti citati qui:
- Human robot interaction e valutazione del rischio
- Obbligo valutazione del rischio tecnostress: come affrontarlo
"La ripresa delle attività produttive dopo la pandemia deve proseguire in accordo con l’esigenza primaria di garantire la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro” ha detto il presidente dell’Inail, Franco Bettoni ricordando che investire in prevenzione significa minori costi sanitari.
Il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Andrea Orlando ha posto l’accento sull’obiettivo di “Progettare una nuova funzione pubblica reattiva ai nuovi scenari, nuovi rischi, trasformazioni anche ambientali. Innovazione e ricerca ci devono portare nuove tecnologie per migliorare i livelli di protezione, le istituzioni devono indagare i rischi e dare delle regolamentazioni con profondità e velocità d’indagine, altrimenti conosceremo gli effetti degli eventi una volta a che saranno avvenuti”.
Qui il video dell’intervento completo.
Indicazioni operative per la prevenzione infortuni sul lavoro
Dalla giornata sono emersi tre pilastri come indicazioni operative da seguire per la prevenzione degli infortuni:
- Vigilanza rispetto alle norme esistenti
- Incentivazione di buone pratiche per la prevenzione
- Sviluppo di tecnologie per il miglioramento della sicurezza
L’invito del ministro Orlando è di vedere la sicurezza sul lavoro non come ricognizione passiva di un luogo di lavoro stabilito e stabile, ma come educazione attiva alla consapevolezza e al riconoscimento dei rischi.
E' emersa fortemente la volontà di portare l’educazione al rischio nei programmi scolastici e di formazione per dare strumenti ai ragazzi per riconoscere e adattarsi a nuovi rischi.
Diffondere la cultura e la gestione della prevenzione dei rischi, tradizionali ed emergenti per contrastare con forza il fenomeno infortunistico purtroppo ancora drammatico nelle aziende, rispecchia da sempre l’approccio di Polistudio.
Commento di Lorenzo Baraldo, Technical Manager di Polistudio
Domanda: Leggendo la Relazione INAIL 2021, le denunce di infortunio sul lavoro presentate all’Istituto sono state 564mila, gli infortuni “tradizionali” denunciati sono aumentati rispetto al 2020 del 20% e i casi mortali di quasi il 10%. Si tratta ancora, purtroppo, di numeri altissimi. Chiediamo un commento di questo scenario a Lorenzo Baraldo, Technical Manager di Polistudio.
Risposta: Da una prima analisi dei dati, di sicuro non confortanti, credo comunque che – come molti altri aspetti legati alla pandemia e al mondo del lavoro – siano frutto anche di come è cambiato l’intero approccio del lavoro per l’appunto dopo la pandemia. Stiamo assistendo sia ad una elevata turnazione dei lavoratori sia al trasferimento di professionalità da comparti estremamente diversi; infatti, se da una parte è venuta a mancare un'offerta di lavoro, in altri settori si sono incrementate le richieste con conseguente spostamento dei lavoratori.
A questo, purtroppo, si aggiunge il fatto culturale che in un momento di “crisi, in un sistema dove la sicurezza sul lavoro viaggia a volte su un binario parallelo a quello produttivo, gli stessi valori di salute e sicurezza vengano posti in secondo piano, dimenticandosi che ciò non porta ad una gestione più oculata della “crisi”, ma bensì la amplifica.
Domanda: Nonostante di prevenzione e sicurezza sul lavoro si parli ormai da tempo, siamo ancora lontani dagli obiettivi che annualmente ci si propone. È una questione di cultura? Di sottovalutazione dei rischi? Oppure le vere cause sono da ricercare anche altrove?
Risposta: La questione culturale è sicuramente la questione principale sia per le organizzazioni, ma anche per gli enti di controllo. Si assiste molto spesso a quello che più che essere una gestione della sicurezza reale ad una rappresentazione formale della sicurezza, ad una – permettetemi il termine – "rappresentazione teatrale" dove le figure principali della sicurezza (che in realtà in azienda sono tutti) come l’RSPP oppure i Preposti, ma anche i Dirigenti ricoprono un ruolo da attore con un copione più che un ruolo da attore, inteso come protagonista della sicurezza.
Il più delle volte si assistono a “proclami” che però poi vengono disattesi e sacrificati per una logica produttiva che la fa da padrona.
I rischi presenti non credo non siano conosciuti, ma vengono trattati come fossero di "serie B": il rischio di non rispettare una consegna, ad esempio, viene valutato continuamente da parte di un dirigente prevenzionistico responsabile di produzione; quello legato al rischio di un'operazione di carico, invece, o non viene preso in considerazione, oppure viene considerato all’ultimo momento con le conseguenze di poter risultare impreparati.
La sicurezza dovrebbe permeare tutti i livelli gestionali e operativi per cui non si dovrebbe neanche porre la necessità di deferirla ad un momento diverso.
E’ il caso analogo di quando si progetta una macchina: magari la si costruisce e solo dopo ci si chiede: “Dobbiamo anche farla/metterla in sicurezza!?”.
In realtà, questo processo è iniziato nel momento in cui il progettista ha iniziato a concepire l’idea - nella sua testa – di quella macchina.
Farlo in differita è meno efficace e soprattutto meno efficiente andando perciò ad erodere quel vantaggio che si pensava di avere, tralasciando per l'appunto la parte di sicurezza.
Domanda: Come elevare quindi salute e sicurezza a valori fondamentali diffondendo una effettiva cultura della prevenzione nelle aziende?
Risposta: Si deve elevare la sicurezza allo stesso rango di tutti gli aspetti dell’organizzazione (produttivo, finanziario, ecc.).
L'approccio di Polistudio è quello di verificare prima di tutto nell’organizzazione in cui svolgiamo la nostra attività se il livello di riconoscimento dell’RSPP o dell'HS&E Manager è lo stesso del responsabile di produzione, del responsabile tecnico o del responsabile finanziario per capire se abbiamo la funzione sicurezza esercitata da “un attore di teatro” (per come riportavo prima) o da un responsabile vero ed effettivo!
Le organizzazioni devono capire che una professionalità come quella dell’RSPP è di alto livello perché deve avere sia le competenze gestionali sia quelle tecniche. Un RSPP deve saper verificare il punto di vista degli altri con l’ascolto e il dialogo (a tutti i livelli dell’organizzazione, dal lavoratore all’amministratore delegato), deve coordinare persone e saper indirizzare le decisioni degli altri, inoltre più di altri deve usare esempi concreti rendendo chiaro il suo punto di vista. Ma deve anche comprendere le azioni degli altri e le cause dei loro atteggiamenti e comportamenti. E questo solo per citare alcune competenze, tralasciando quelle tecniche, il cui elenco potrebbe essere biblico!
Domanda: Quali strumenti e competenze mette a disposizione Polistudio per migliorare la vita delle persone negli ambienti di lavoro?
Risposta: Polistudio mette a disposizione un Team di 30 persone con competenze sia gestionali che tecniche per affrontare gli aspetti della Salute, Sicurezza e Ambiente nella loro completezza, con particolare attenzione all’aspetto organizzativo aziendale – che come spiegato in precedenza è uno dei tratti fondamentali – accompagnando le aziende in un percorso di benessere organizzativo e sostenibilità, in collaborazione con tutti i soggetti presenti in azienda.
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